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Cannabis e patente, cosa prevede oggi il Codice della Strada e quando scatta il ritiro

Cannabis e patente, cosa prevede oggi il Codice della Strada e quando scatta il ritiro

In seguito alle modifiche introdotte con la legge 177 del 2024 e alle circolari applicative del Ministero dell’Interno, il Codice della Strada ha ridefinito il rapporto tra uso di cannabis e idoneità alla guida. Fino a pochi mesi fa la normativa richiedeva che fosse accertato un vero e proprio stato di alterazione psicofisica al momento della guida per poter procedere a una sanzione penale. Con le nuove nr in vigore è oggi sufficiente la dimostrazione oggettiva dell’assunzione di sostanze stupefacenti affinché scattino in automatico sanzioni e ritiro della patente.

Non serve più che il conducente mostri comportamenti anomali, sintomi evidenti o difficoltà nella gestione del veicolo. È sufficiente che un test su sangue o saliva, eseguito a norma di legge, riveli la presenza attiva del principio psicoattivo del THC nel corpo del guidatore.

Quando si rischia il ritiro immediato della patente

Secondo l’articolo 187 del Codice della Strada, chi guida dopo aver assunto cannabis viene sanzionato penalmente con l’arresto fino a un anno, una multa da 543 a 2.170 euro, la sospensione della patente da uno a due anni e la decadenza automatica dei punti. Se il primo test rapido salivare dà esito positivo, il ritiro della patente scatta immediatamente, già al momento del fermo stradale.

La patente viene ritirata in via cautelativa e trasmessa al Prefetto, che decide la sospensione formale nelle ore o nei giorni successivi, in attesa del secondo accertamento su campioni biologici prelevati in ambito sanitario. Se anche l’esame di laboratorio conferma la positività, la sospensione diventa definitiva. L’intero procedimento si avvia anche in assenza di un incidente o di condotte pericolose. Di fatto il consumo di cannabis è incompatibile con la guida.

Il legislatore ha giustificato l’introduzione della nuova norma con l’esigenza di rafforzare la prevenzione stradale, soprattutto in un contesto di crescente incidentalità giovanile. La scelta di escludere qualsiasi valutazione sull’effettivo stato di alterazione si traduce nei fatti in una limitazione della presunzione d’innocenza.

Il rischio penale e le aggravanti in caso di incidente

Il quadro si complica se oltre alla guida sotto l’effetto di cannabis si verifica un incidente con lesioni o danni gravi. In questo caso entrano in gioco le norme sull’omicidio e le lesioni stradali, che prevedono sanzioni molto più gravi, fino a 12 anni di reclusione, con aggravanti in caso di positività a sostanze stupefacenti. La presenza del THC nell’organismo può diventare prova nella valutazione della colpa, anche se non viene dimostrato uno stato di alterazione evidente.

Vale in particolare per conducenti professionisti, autisti del trasporto pubblico e operatori del soccorso sanitario, la cui responsabilità è amplificata dalla funzione pubblica che ricoprono. Per loro un singolo episodio può comportare la revoca della patente e il divieto di riottenimento per anni.

I test validi per l’accertamento e cosa succede con le urine

La normativa in vigore specifica che per avere valore probatorio il test deve essere effettuato su saliva o sangue. Insomma, nessun uso di campioni urinari come elemento sufficiente per stabilire l’assunzione pregressa. L’urina può contenere metaboliti inattivi anche a distanza di settimane dall’assunzione, tali da rendere il dato tossicologico non correlabile con lo stato psicofisico reale del guidatore al momento del controllo. È questa distinzione a fare la differenza tra un comportamento sanzionabile e una traccia storica non penalmente rilevante.

Nel caso in cui venga utilizzato un test non conforme o in assenza di autorizzazione medica alla raccolta del campione, la procedura verrebbe invalidata in sede giudiziaria.

Un aspetto controverso riguarda l’uso medico della cannabis prescritto ai pazienti affetti da patologie croniche. Sebbene sia consentito in Italia acquistare e assumere cannabis per uso terapeutico, il Codice della Strada non prevede esenzioni automatiche per chi si mette alla guida dopo aver assunto farmaci a base di THC. In assenza di una prova clinica che dimostri l’assenza di alterazione o che certifichi la tolleranza sviluppata dal paziente, la patente può essere sospesa anche nei confronti di chi agisce nel pieno rispetto della normativa sanitaria.

Il caso della patente ridata a motociclista positivo alla cannabis

È uno dei primi casi in Italia a rimettere al centro il dibattito sull’interpretazione delle modifiche al Codice della Strada introdotte dal decreto firmato dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. Un motociclista coinvolto in un incidente ad Asti ha infatti ottenuto la restituzione della patente, nonostante fosse risultato positivo ai cannabinoidi.

Stando alla ricostruzione dei fatti, l’uomo – che nel sinistro ha rivestito il ruolo di parte lesa – era stato trasportato in ospedale, dove è stato sottoposto a esami clinici di routine. Tra questi anche un test tossicologico che ha rilevato la presenza di tracce di cannabis nel sangue. Su disposizione dell’autorità giudiziaria, sono state effettuate altre analisi specialistiche ma senza che emergesse alcuna condizione di alterazione psico-fisica riconducibile all’uso di droghe o alcol.

Il centauro ha impugnato il provvedimento prefettizio allegando una perizia medica che certifica l’assenza di effetti alteranti al momento dell’impatto. Il giudice, in attesa del pronunciamento della Consulta, ha accolto l’istanza cautelare e ordinato la restituzione provvisoria della patente.

Non è la prima volta che gli Ermellini sono chiamati a pronunciarsi su provvedimenti legati alla guida e alle sostanze psicotrope. In casi precedenti, la Corte costituzionale ha stabilito che la limitazione di diritti fondamentali, come la libertà di circolazione o il diritto al lavoro, deve basarsi su criteri oggettivi, proporzionati e strettamente necessari. Il nuovo decreto potrebbe essere considerato in contrasto con questi principi se non supportato da riscontri clinici concreti.

Come fare a riavere la patente

L’iter di recuperare della patente varia in base alla natura del provvedimento ricevuto. A fare la differenza sono l’autorità che ha disposto la misura e la gravità della violazione contestata.

Il ritiro immediato della patente è un sequestro fisico del documento. Può durare pochi giorni o alcune settimane: ad esempio, si parla di una sospensione di 30 giorni nei casi previsti dall’articolo 75 del Testo Unico sugli stupefacenti se si è trovati alla guida con disponibilità di un veicolo; oppure di una durata massima di 10 giorni nel caso dell’articolo 187 del Codice della Strada, in attesa dell’esito degli esami tossicologici. In

Ben diversa è la sospensione della patente, che può essere disposta dal Prefetto o dal giudice, a seconda della fattispecie, e comporta l’interdizione temporanea alla guida. Il documento rimane valido, ma non può essere utilizzato per circolare. La durata varia in base alla violazione: da uno a 12 mesi nei casi legati all’articolo 75 del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti; da uno a due anni se il provvedimento rientra nell’ambito dell’articolo 187, relativo alla guida sotto l’effetto di droghe. In alcuni casi – come la perdita temporanea dei requisiti psicofisici – la sospensione può diventare a tempo indeterminato.

Un’altra misura è la revisione della patente che non equivale a una sanzione, ma è un obbligo da parte della Motorizzazione Civile o del Prefetto. Viene disposta per verificare se il conducente possieda ancora i requisiti psicofisici o tecnici per poter guidare in sicurezza. Può riguardare una nuova visita medica, ma anche un esame teorico e pratico, nei casi in cui siano emersi dubbi sulle capacità di guida.

La revoca della patente è la misura più severa contemplata dal nostro ordinamento. In questo caso, il titolo di guida viene annullato in maniera definitiva e per poter tornare a circolare è necessario attendere un periodo minimo stabilito dalla legge per poi ripetere il percorso d’esame, esattamente come un nuovo candidato.

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