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Tempi difficili e decisioni coraggiose

Tempi difficili e decisioni coraggiose

ROMA – La difficile fase che sta vivendo il settore automobilistico stavolta non ha colpito solo impianti e dipendenti, con pesanti piani di ristrutturazione. Ma sta investendo gli stessi numeri uno, i capi azienda. Segno che la crisi è profonda e che le case costruttrici hanno bisogno di uomini nuovi, che diano un cambio di passo e trovino nuove strategie per tirare le aziende fuori dalle secche in cui sono finite negli ultimi anni.

Il cambio della guardia più importante ha riguardato Stellantis, per le dimensioni e la rilevanza del gruppo, seguito dall’addio, volontario, di Luca de Meo a Renault per lanciarsi nel mondo della moda. L’elenco, però, è lungo e, probabilmente, non è ancora terminato.

Ma è tutta solo colpa dei capi azienda? Parafrasando Carl Schmitt, se il vero manager è quello che “decide nello stato d’eccezione”, molti hanno commesso errori. E hanno sicuramente la responsabilità di non aver evitato la tempesta in arrivo e di aver troppo fideisticamente abbracciato la transizione verso l’elettrico senza chiedere impegni precisi alla politica. Soprattutto in Europa, dove la Ue si è limitata a dare indicazioni normative molto stringenti senza però creare il necessario supporto infrastrutturale e finanziario alla rivoluzione green. Ma è vero anche che era difficile riuscire a evitare una tempesta così perfetta che ha unito la frenata sull’auto elettrica al Covid, alla gelata economica che attanaglia il mondo occidentale, alla crisi dei chip, alle battaglie commerciali tra Usa, Cina e Vecchio continente, fino alle guerre vere e proprie tra Russia e Ucraina e in Medio oriente. I tempi dell’economia, però, sono stretti e in momenti difficili servono decisioni coraggiose. E immediate.

I costruttori tra cambi di manager, ristrutturazioni, nuove strategie con il ritorno anche ai motori termici ibridi e non solo elettrici, stanno dimostrando voglia e capacità di reazione. Invece la politica, almeno in Europa, resta ancorata alle proprie ideologie, senza tener conto della realtà del mercato. Ma la salvezza dell’auto europea passa soprattutto da Bruxelles.

repubblica

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