Porsche rallenta: utile giù del 67%, ora si ripensa il futuro

A pesare non è un solo fattore, ma un intreccio di dinamiche globali: dazi doganali, rallentamento in Cina e un’elettrificazione meno rapida del previsto. La risposta del gruppo è netta: tagli, ristrutturazioni e una nuova strategia industriale.
Non è più tempo di record e margini a doppia cifra. La Porsche AG, che negli ultimi anni aveva brillato per performance e marginalità, ora si trova a dover fare i conti con un contesto radicalmente mutato. I ricavi sono scesi del 6,7%, a 18,16 miliardi di euro, mentre la redditività operativa si è ridotta al 5,5% dal precedente 15,7%. I margini non erano così bassi da anni, e il messaggio del CEO Oliver Blume è chiaro: “La situazione non è temporanea. È una trasformazione profonda. Il mondo sta cambiando e dobbiamo evolverci con lucidità e decisione”.
In questo scenario, la priorità è diventata la solidità finanziaria. Porsche ha investito pesantemente in spese straordinarie, circa 1,1 miliardi di euro nel semestre: 500 milioni destinati alle attività sulle batterie, 200 milioni alla ristrutturazione aziendale e altri 400 milioni assorbiti dai dazi USA, che hanno colpito direttamente il business in Nord America, uno dei mercati più redditizi. Nonostante questo, Porsche ha scelto di tutelare la clientela, offrendo una sorta di “prezzo bloccato” per mitigare gli effetti della nuova tariffa d’importazione del 15% in vigore dal 1° agosto.
Anche la transizione elettrica si rivela meno lineare del previsto. Nel semestre, la quota di veicoli elettrificati è stata pari al 36,1% del totale, ma solo il 23,5% sono full electric, a fronte di un’espansione del mercato che chiede più flessibilità tecnologica e capacità di adattamento. In Europa, la quota sale al 57%, ma il vero nodo resta l’equilibrio industriale in un contesto di domanda instabile, soprattutto in Cina, dove il lusso automotive ha registrato una brusca frenata. La catena di fornitura, stretta tra rallentamenti e inflazione, ha aggravato ulteriormente il quadro.
Il CFO Jochen Breckner sottolinea che l’obiettivo del nuovo corso è rafforzare la resilienza e la redditività di lungo periodo. Porsche aprirà infatti nella seconda metà dell’anno un tavolo di trattative con i rappresentanti sindacali per varare un secondo pacchetto di riforme interne. L’obiettivo è costruire un’organizzazione più agile, capace di affrontare la volatilità dei mercati globali e la transizione verso una mobilità sostenibile.
Sul piano operativo, Porsche ha consegnato 146.391 veicoli nel primo semestre, in calo del 6,1%. Il modello di punta resta il Macan, con oltre 45mila unità distribuite. Ma la forza della casa di Zuffenhausen si è vista in mercati come il Nord America e gli "overseas markets", dove sono stati registrati nuovi record di consegne. E proprio qui si inserisce il principio guida della nuova fase strategica: “value over volume”. Porsche punta meno alla quantità e più alla qualità, con un’offerta personalizzata, alta gamma e margini sostenibili.
Un segnale importante in controtendenza arriva dalla produzione: la controllata V4Smart GmbH ha avviato con successo la seconda linea di celle batteria a Nördlingen, portando avanti un ambizioso piano di industrializzazione del know-how elettrico europeo. Parallelamente, il marchio raccoglie successi in campo sportivo e nella customer satisfaction: primo posto nella classifica J.D. Power APEAL 2025 negli USA e doppietta mondiale nella Formula E, a conferma della tenuta del brand nella percezione globale.
La nuova previsione per l’intero 2025 mantiene le stime di fatturato tra 37 e 38 miliardi di euro, ma abbassa le attese sulla marginalità: il ritorno sulle vendite sarà tra il 5 e il 7%, con una cash flow margin tra il 3 e il 5%. Numeri che descrivono una fase di transizione, ma che non intaccano la fiducia nella solidità del marchio.
Porsche, insomma, cambia pelle. Dopo anni di crescita esplosiva, si riposiziona nel tentativo di difendere il proprio DNA in un mondo meno prevedibile. Non è la fine di un ciclo, ma l’inizio di una trasformazione industriale profonda. E, forse, necessaria.
Affari Italiani