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Ricarica rapida o lenta, cosa influisce davvero sulla batteria dell’EV

Ricarica rapida o lenta, cosa influisce davvero sulla batteria dell’EV

Il mondo della mobilità elettrica è in continua evoluzione, e con esso cresce la curiosità — e spesso la confusione — su come prendersi cura al meglio della batteria di un’auto elettrica. Una delle domande più frequenti tra i proprietari (o aspiranti tali) riguarda proprio la ricarica: è meglio preferire una ricarica lenta o affidarsi alla comodità delle colonnine ultra-fast? Dietro questa scelta non ci sono solo considerazioni pratiche legate al tempo a disposizione, ma anche implicazioni dirette sulla salute della batteria, che rappresenta il cuore — e il componente più costoso — di ogni veicolo elettrico.

In questo approfondimento analizzeremo nel dettaglio cosa accade realmente alla batteria durante una ricarica lenta o rapida, quali fattori influenzano l’invecchiamento delle celle e come trovare il giusto equilibrio tra esigenze quotidiane e longevità del pacco batteria. Scopriremo che la risposta non è sempre così netta e che il “vero impatto” della ricarica dipende da un mix di elementi spesso trascurati.

Cos’è la ricarica lenta

La ricarica lenta è la modalità di rifornimento energetico più comune e, per molti versi, la più “gentile”. A differenza delle opzioni rapide o ultra-rapide, questa metodologia eroga energia a una potenza inferiore, rendendola ideale per situazioni in cui il veicolo rimane fermo per diverse ore, come la notte in garage o durante la giornata lavorativa.

Il cuore della ricarica lenta risiede nel suo funzionamento in corrente alternata (AC). Quando si collega l’auto a una comune presa di corrente domestica, oppure a una wallbox installata a casa, o ancora a molte colonnine pubbliche, si sta sfruttando questa tipologia di ricarica. In pratica, l’elettricità proveniente dalla rete o dalla colonnina è in AC, ma la batteria dell’auto può immagazzinare solo corrente continua (DC). È qui che entra in gioco il caricabatterie di bordo del veicolo: è lui l’incaricato di convertire l’AC in DC, permettendo così l’accumulo di energia.

Esistono diverse “sfumature” di ricarica lenta. La più elementare è quella che avviene collegando l’auto a una normale presa domestica, spesso con un cavo dotato di un piccolo “control box” che garantisce la sicurezza. Questa è l’opzione più lenta, con potenze che di rado superano i 3,7 kW, e i tempi di ricarica possono estendersi per una notte intera o anche di più. Un passo avanti è rappresentato dalle wallbox domestiche o dalle colonnine AC pubbliche. Queste soluzioni offrono potenze superiori, tipicamente da 7,4 kW fino a 22 kW (per quest’ultima è necessaria un’alimentazione trifase a casa), riducendo significativamente i tempi rispetto alla presa domestica, ma mantenendosi comunque nell’ordine di diverse ore per una ricarica completa.

Una volta connessa l’auto tramite il cavo (in Europa, il connettore più diffuso è il Tipo 2), c’è una fase di comunicazione tra il veicolo e il punto di ricarica. Questo “dialogo” è fondamentale per stabilire la potenza massima erogabile in sicurezza, proteggendo sia la batteria dell’auto che l’impianto elettrico. Solo dopo questa verifica, l’energia inizia a fluire e viene convertita dal caricabatterie di bordo prima di essere immagazzinata nella batteria.

I vantaggi

I benefici della ricarica lenta sono molteplici. Innanzitutto, caricare a una potenza inferiore genera meno calore e riduce lo stress chimico sulle celle, contribuendo a preservarne la longevità. Economicamente, è spesso l’opzione più vantaggiosa, specialmente se è possibile caricare a casa nelle ore notturne sfruttando tariffe elettriche più basse. La sua comodità è innegabile: permette di “fare il pieno” mentre l’auto è parcheggiata per lunghi periodi, come durante la notte o mentre si è al lavoro. Infine, richiede un’infrastruttura elettrica meno complessa e costosa da installare rispetto alle soluzioni di ricarica rapida.

A seconda della capacità della batteria e della potenza disponibile, una ricarica completa può richiedere dalle 5 alle 12 ore, o anche di più. Questo la rende meno pratica per un “rabbocco” veloce durante un viaggio, dove le colonnine rapide o ultra-rapide (che erogano corrente continua, non alternata) sono indispensabili.

Cos’è la ricarica rapida

La ricarica rapida, invece, è la soluzione pensata per minimizzare i tempi di attesa, offrendo un’esperienza di rifornimento più vicina a quella di un’auto tradizionale con motore a combustione. È la modalità che si trova principalmente nelle colonnine pubbliche lungo le autostrade, nelle aree di servizio e nei centri urbani strategici. Il suo funzionamento si basa sull’erogazione di corrente continua (DC) direttamente alla batteria del veicolo. Con la ricarica rapida, la conversione AC/DC avviene all’interno della colonnina stessa. Questo permette di bypassare il caricabatterie di bordo della vettura, che solitamente ha limiti di potenza inferiori, e di inviare direttamente alla batteria un flusso di energia molto più potente.

Le colonnine di ricarica rapida, note anche come “Fast Charger” o “Ultra Fast Charger“, offrono potenze che partono dai 50 kW e possono arrivare ben oltre i 350 kW, con alcune infrastrutture che superano anche i 400 kW. Ad esempio, una colonnina da 100 kW può ricaricare una batteria di media capacità (60-70 kWh) fino all’80% in circa 20-30 minuti, a seconda del modello dell’auto e delle condizioni ambientali.

I connettori più comuni per la ricarica rapida in Europa sono il CCS Combo 2, che è diventato lo standard di riferimento, e in alcuni casi il CHAdeMO, sebbene quest’ultimo sia meno diffuso per i nuovi modelli. Questi connettori sono progettati per gestire elevate potenze e spesso i cavi sono più spessi, talvolta persino raffreddati a liquido nelle stazioni ad altissima potenza per garantire sicurezza ed efficienza.

I benefici

I vantaggi della ricarica rapida sono evidenti. Il più lampante è la velocità: consente di recuperare centinaia di chilometri di autonomia in pochi minuti, rendendo i viaggi lunghi molto più fattibili e alleviando la cosiddetta “ansia da autonomia“. È una soluzione ideale per chi percorre lunghe distanze, ha tempi di sosta limitati o non ha la possibilità di installare un punto di ricarica privato. La sua diffusione lungo le principali arterie stradali e nelle aree di servizio la rende una componente fondamentale per la mobilità elettrica a lungo raggio.

Tuttavia, bisogna considerare alcuni fattori. Le sessioni di ricarica rapida sono generalmente più costose. Inoltre, sebbene le tecnologie moderne abbiano fatto passi da gigante, un uso estremamente frequente e continuativo della ricarica rapida potrebbe, in teoria, accelerare leggermente il degrado della batteria. È importante sottolineare che la maggior parte delle auto elettriche moderne è progettata per gestire questi stress, e gli studi più recenti spesso non mostrano differenze significative di degrado tra batterie caricate prevalentemente in DC e quelle caricate in AC, a patto di rispettare le indicazioni del costruttore e non abusarne caricando sistematicamente al 100% o con batteria quasi scarica.

Un’altra peculiarità è che la ricarica rapida, per ottimizzare la salute della batteria e la velocità di ricarica, tende a rallentare significativamente una volta superata una certa percentuale (spesso l’80%): per questo motivo, raramente si carica al 100% con queste colonnine, poiché l’ultimo 20% richiederebbe un tempo sproporzionato.

È chiaro, quindi, che non esiste una soluzione migliore dell’altra, ma in base alle situazioni e alle proprie esigenze può convenire ricaricare una batteria lentamente o più rapidamente.

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